Lettera aperta alla Medaglia d’Oro al Valor Militare Gianfranco Paglia.
Signor Colonnello, sono un Suo parigrado ma per rispetto alla Sua decorazione, invece di darle del “Tu” come sarebbe consuetudine tra tenenti colonnelli, preferisco rivolgermi con il formale “Lei”.
Iersera, ho visto in televisione (su Retequattro ndr.) il Suo intervento contro il generale Roberto Vannacci. Ho specificato “contro” perché dalle Sue parole è emerso un quadro misero e avvilente della figura del Suo superiore.
Vede Colonnello, Lei non ha criticato lo scrittore Vannacci, unendosi a quello che ormai sembra diventato lo sport nazionale. Lei ha offeso pubblicamente il militare Vannacci dicendo che “ha macchiato l’uniforme” e che per lei “non è degno di tornare ad indossarla”. Non esiste offesa più grave per un militare. Lei si è rivolto in questi termini verso un generale di divisione del nostro esercito, quindi anche un Suo superiore gerarchico. E lo ha fatto indossando l’uniforme ordinaria dall’alto della sua massima decorazione. Spero almeno si renda conto che le Sue gravi affermazioni, più che ledere il generale, hanno finito per offuscare la Sua di immagine. Aggiungo anche che un soldato che ha combattuto con la bandiera italiana sul braccio, a prescindere dal grado rivestito, debba essere sempre rispettato, in primis dai commilitoni. E questo vale anche nei Suoi confronti per cui le mie parole non saranno mai contro di Lei ma, semmai, a favore del generale. Non so se, come e dove abbia conosciuto personalmente il generale Vannacci. Io lo conosco da quando era allievo incursore ed io ero un suo giovane inquadratore. Abbiamo operato insieme in svariate operazioni ad alto rischio in mezzo a guerre civili e genocidi. Ricordo quella volta che fu abbandonato in Ruanda dal C130 dell’aeronautica militare e lui, insieme al suo manipolo, si diede da fare per salvare i nostri connazionali che sarebbero stati fatti a pezzi con il machete dall’etnia degli Hutu in rivolta (Nella foto l'allora tenente incursore Vannacci in Ruanda. 1994).
Lei che si è vantato di sapere che il generale non avrebbe mai preso la “terza stella” in carriera insinuando che il generale si sia buttato in politica per ripiego, ha dimenticato di dire perché lo Stato Maggiore non gliela avrebbe mai concessa. Vede caro Gianfranco, le verità parziali non sono mai verità. Al massimo sono mezze verità. E non fanno onore alla divisa come l’ha chiamata lei, e che io, invece, preferisco chiamare uniforme. Perché spero sempre che quel colore “verde marcio” che abbiamo portato addosso per tanti anni ci unisca sempre e mai ci divida.
Con cameratesco rispetto.
Ten. Col. Incursore (ris.) Fabio Filomeni.