Da quando lo scorso agosto il generale ha pubblicato "il Mondo al Contrario, si è subito scatenata una ben orchestrata gogna mediatica e giudiziaria. Ma il vero bersaglio del fuoco incrociato non erano i contenuti del libro quanto l'autore in persona, da cui la domanda: a chi fa paura Roberto Vannacci? Per dare una risposta precisa dobbiamo prima capire chi è veramente l'autore de "Il Mondo al Contrario". E' un ufficiale cresciuto e addestrato nel reparto più operativo delle nostre Forze Armate. Ha superato brillantemente durissimi e selettivi addestramenti e operato nei teatri di guerra più pericolosi al mondo. Ha comandato unità di élite in territorio nemico/ostile contro terroristi e talebani ed ha ricevuto decorazioni encomi in ambito nazionale e NATO. La sua esuberanza e il suo carattere determinato, unitamente ai suoi successi, hanno generato invidie tra le scrivanie dei comandi dell'esercito. Invidie che si sono tramutate in striscianti ostilità quando non si è piegato a logiche di potere che avrebbero voluto imporre riforme nell'ambito del comparto delle Forze Speciali, inutili, inefficaci e dai costi esorbitanti per i contribuenti. Così, con un curriculum che in qualsiasi altro paese lo avrebbe naturalmente indirizzato al comando dell'esercito, si è invece ritrovato a comandare delle carte topografiche all'istituto geografico militare. Ma l'astio dei vertici militari ha anche radici in un altro comportamento del nostro generale, ben descritto nel libro "Baghdad, ribellione di un generale" scritto dal tenente colonnello Fabio Filomeni. Nel libro si racconta il tentativo di Vannacci, quando era al comando del contingente italiano in Iraq nel 2017-2018, di rompere il "muro di gomma" dell'esercito nei riguardi del rischio dei nostri soldati esposti agli effetti dell'utilizzo del munizionamento americano all'uranio impoverito (dalle 300 alle 450 tonnellate). Dopo centinaia di documenti firmati di suo pugno - tra cui il DVR (Documento di Valutazione dei Rischi) - e non aver ricevuto alcuna risposta soddisfacente in tal senso, al termine della missione, dopo aver chiesto di conferire con tutta la catena gerarchica compreso il Ministro della Difesa protempore, decise di depositare un esposto alle procure di Roma e a quella militare per l'accertamento di negligenze e gravi omissioni da parte del suo Comandante, l'ammiraglio Cavo Dragone, attuale capo della Difesa. Ma il problema annoso dell'esposizione all'uranio impoverito e degli effetti letali sui nostri militari per la prima volta denunciato in procura da un alto ufficiale in servizio, arriva a lambire perfino la più alta carica dello Stato. Correva l'anno 1999, infatti, quando l'allora on. Sergio Mattarella era Ministro della Difesa durante la guerra in Kosovo e migliaia di tonnellate di munizionamento all'uranio impoverito furono scaricate al suolo dagli americani proprio dove, successivamente, furono dislocate le nostre truppe di terra in missione di pace-keeping lasciandole esposte alle radiazioni e alla inalazione delle nanoparticelle di metalli pesanti contenute in quei munizionamenti senza adeguate informazioni al riguardo. Molti militari, purtroppo, sono deceduti (l'Osservatorio Militare ne conta oltre 400) in seguito alle patologie contratte in Bosnia e Kosovo in conseguenza di quelle esposizioni per giunta senza riconoscimento e indennizzo quale malattia contratta per causa di servizio, da cui è il caso di dire "oltre il danno la beffa" di lunghi calvari giudiziari spesso conclusi post mortem del militare ammalato. Quindi è ormai fin troppo chiaro che il generale Vannacci, già prima dell'uscita del suo libro, avesse già i suoi buoni nemici in ambito stellette e in ambito politico. Solo così si spiega la reazione tempestiva del ministro Crosetto che si è subito scagliato contro Vannacci dandogli del "farneticante", togliendogli subito il Comando (decisione dal sapore chiaramente punitivo) e lasciando che la Forza Armata aprisse un'inchiesta sommaria, poi trasformata in inchiesta formale con ispezioni che sono andate indietro negli anni fino al suo incarico a Mosca (segno evidente che non era il libro oggetto di supervisione ma il suo autore). Quindi Vannacci è perseguitato non certo per il suo operato come militare, ma per la sua possibile discesa in campo nella politica nazionale (se si presentasse alle prossime elezioni del Parlamento europeo) a cui tutti i partiti - eccetto la Lega che non ne fa mistero - sono molto preoccupati. Ma quali sono i partiti che lo temono? Da sinistra a destra TUTTI! La sinistra perché da sempre ha condotto battaglie ideologiche difendendo il "politicamente corretto" in favore della cosiddetta "dittatura delle minoranze" denunciata dal generale, ma anche le varie lobby che sostengono le istanze di LGBTQ+ o gli ecologisti imbrattatori di monumenti. Insomma, un bel pot-pourri di interessi convergenti che hanno in comune un medesimo bersaglio che risponde al nome Roberto Vannacci. La destra, invece, perché ha accusato il fatto che un militare si sia spinto oltre le colonne d'Ercole del "politicamente corretto" impugnando battaglie che una volta erano appannaggio della destra ma che ormai sono finite negli album dei ricordi. Non solo. Il generale rappresenta sicuramente una "mina vagante" per chi, dal 1945 ad oggi, ha particolarmente a cuore il Belpaese. Da oltreoceano non gradiscono scalate al potere non controllate né vagliate preventivamente. Soprattutto, come nel caso specifico, da chi non ha espresso neanche una parola concernente una eventuale opinione riguardante la geopolitica. Insomma, di nemici il nostro generale incursore ne ha a bizzeffe. Solo così si spiega l'accanimento, adesso anche giudiziario, nei suoi confronti.