Parlare di temi politici nazionali e consenguentemente locali. Discutere e confrontarsi fra persone intelligenti ma umili. Creare un gruppo che guardi al confronto e al valore dell'amicizia. Concludere un'affollata serata con il vice direttore de La Verità, Francesco Borgonovo, con una cena conviviale (vedi foto). Lo scopo di questo editoriale è spiegare ai cittadini udinesi e, in generale, a tutti gli abitanti del Friuli Venezia Giulia che viviamo in un regine oligarchico di incapaci. Nella tanto vituperata "prima repubblica" vi erano i partiti nati ai tempi della costituente e che poi vennero annientati dalla mega inchiesta di tangentopoli. In quei partiti, nella Dc, nel Pci, nel Psi, nel Msi, nel Pri e nel Pli, vigeva una vera forma di democrazia rappresentativa. Si entrava militando nei rispettivi movimenti giovanili, si facevano scuole di formazione, si iniziava dal consiglio comunale, per poi passare a quello provinciale, a quello regionale e infine al Parlamento. La maggior parte dei leader di partito erano docenti universitari, avvovati, medici, uomini di cultura. Ogni tot anni venivano indetti i congressi nazionali in tutti i partiti politici a cui partecipavano i vari iscritti. Parola essenziale: il programma. Oggi viviamo in una realtà in cui i veri congressi nazionali non esistono più poichè gli stessi partiti hanno il nome del loro leader nel simbolo, come logica conseguenza, non esistono più neppure i congressi regionali e locali, salvo per rarissime occasioni; per questa ragione non esistono più neppure i tesserati e persino le tessere cartacee sono sparite. Come può, un pensionato plurivitaliziato di Campoformido che in questi cinque anni si è distinto solo per aver offeso Udine, definendola "Città della morte" (con riferimento al dramma di Eluana Englaro) e "Città di ingrati" avere la faccia tosta di ricandidarsi quando poco prima aveva detto di non averne voglia? Come può un partito crollato al 5% nella città di Udine avanzare la richiesta della doppia candidatura Governatore e sindaco? La conferenza stampa che annunciava la ricandidatura di Pietro Fontanini ha seguito un cerimoniale molto raro e sospetto: al tavolo con lui i coordinatori regionali dei vari partiti (nessuno di Udine) e la totale assenza dei coordinatori provinciali e comunali (probabilmente neppure esistono). Fontanini nei pochi minuti in cui ha preso la parola ha citato Friuli Doc e Ein Prosit, eventi irrisori che esistono da decenni, ma si è ben guardato dal citare le operazioni in corso con Gianpietro Benedetti nell'area Dormisch e la realizzazione del nuovo Palazzetto di Pallacanestro assieme agli imprenditori Alessandro Pedone e Gabriele Ritossa. Per contro Fontanini si è distinto in battaglie nocive contro l'Udinese Calcio e nel non essere riuscito a contenere il fenomeno della criminalità in città. Udine, deve tornare a rivendicare il ruolo storico di capoluogo politico della Regione e deve avere una classe dirigente che non prenda ordini da Trieste (Sandra Savino) e Pordenone (Marco Dreosto). Il prossimo sindaco dovrà essere un udinese di centrodestra scelto dalla sua città e con un programma elettorale condiviso dalla base, non un anziano autonomista di Campoformido che ha già fallito i primi cinque anni di governo. Stendiamo poi un velo pietoso su buona parte della giunta comunale, anche essa non residente a Udine e che è stata pressocchè assente per tutta la legislatura tranne il giorno di San Paganino per ritirare la busta paga da assessore comunale.